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Dopo avere passato in rassegna lo sviluppo della "cittadinanza" (sotto un profilo storico-concettuale) e le molte facce di questo concetto (sotto un profilo filosofico-analitico), l'A. argomenta la sua convinzione che una idea generalizzata ed estesa di "cittadinanza", anche più, e meglio, di quella inevitabilmente astratta di "giustizia", possa costituire il fulcro di un nuovo paradigma filosofico-politico: proprio quello di cui le società contemporanee hanno bisogno. Anche perché siamo sì divenuti cittadini nella sfera pubblica dello Stato, ma siamo rimasti sudditi a fronte dei poteri, sia pubblici che privati, che governano le nostre vite nella società civile (ad ogni livello: locale, nazionale, europeo, globale). A tal fine l'A. suggerisce di riconsiderare quella qualificazione soggettiva che siamo soliti chiamare "cittadinanza" come un fascio di funzioni: non solo il cittadino-elettore nella sfera stricto sensu politica, ma anche il cittadino-produttore, il cittadino riproduttore ed educatore, il cittadino-consumatore, il cittadino-risparmiatore, il cittadino-contribuente, il cittadino-utente, il cittadino-residente, e così via. Ferma restando la democrazia politica, per ognuna di queste funzioni è possibile, nonché necessario, trovare nuove forme di democrazia rappresentativa che restituiscano al cittadino i poteri e la "voce" di cui pare al momento spogliato.